L’on. Brambilla porta un maiale a Montecitorio
“Sulla condizione dei maiali negli allevamenti italiani, in troppi hanno gli occhi, letteralmente, foderati di prosciutto. E’ ora di affrontare seriamente il problema di una vita, quella di tutti gli animali intrappolati, come fossero macchine o materie prime, nelle catene di montaggio delle filiere alimentari di massa, una vita che della vita ormai ha poco o nulla. Basta con le fabbriche di carne senza il minimo rispetto per gli animali”. Lo afferma l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, presentando a Montecitorio, due proposte di legge a sua firma – una per la protezione dei suini, l’altra sull’obbligo di videosorveglianza nei macelli e negli allevamenti industriali – insieme con Simone Montuschi di “Essere animali”, associazione che ha svolto numerose indagini sotto copertura negli stabilimenti del nostro Paese. Una selezione delle immagini più significative è stata mostrata nella sala stampa della Camera. E non solo: l’ex ministro, per dimostrare che i suini sono animali sensibili e intelligenti, si è presentata a Montecitorio accompagnata da un maiale al guinzaglio di nome Dior che ha richiamato l’attenzione dei media e dei cittadini.
“Certi orrori – afferma l’on. Brambilla – sono ormai ben documentati. Il caso dei maiali in Italia, allevati al 99 per cento con metodi intensivi, è emblematico. Ciò nonostante, ai problemi, etici e igienici, posti da questi allevamenti la politica non dà risposte, né a livello europeo (sarà interessante conoscere la posizione della nuova Commissione sull’Iniziativa dei cittadini per l’abolizione delle gabbie, che ha raccolto circa 1,6 milioni di firme) né a livello nazionale. Con il mio progetto di legge sulla protezione dei suini (AC 2285) intendo smuovere le acque formulando alcune proposte concrete: il divieto di allevare in gabbia le scrofe gravide e in allattamento, di praticare la castrazione chirurgica dei suinetti, di effettuare interventi di mozzamento di una parte della coda e di riduzione degli incisivi dei lattonzoli e delle zanne dei verri se non effettuati da un medico veterinario, con anestesia e somministrazione prolungata di analgesici”. Il testo stabilisce inoltre che i controlli annuali sul rispetto delle norme non riguardino “un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento”, come previsto attualmente, ma coinvolgano almeno “il 70 per cento dei suini allevati”.
“Si tratterebbe nel complesso – sottolinea l’ex ministro – di una vera e propria rivoluzione, dato che oggi una scrofa d’allevamento trascorre buona parte della propria vita in gabbie che impediscono qualsiasi movimento, che quasi il 100 per cento dei suinetti subiscono il taglio della coda e il 93 per cento la castrazione chirurgica (nel 97 per cento dei casi senza anestesia e analgesia). Non si sa a quanti lattonzoli o verri siano ridotti gli incisivi”. Il ricorso a queste pratiche, già parzialmente vietate dalla legge, viene motivato dagli allevatori dall’esigenza di evitare lo schiacciamento dei lattonzoli (gabbie gestazionali), di contenere gli effetti dell’aggressività degli animali (taglio della coda, riduzione degli incisivi) e evitare il cosiddetto “odore di verro” prodotto dagli ormoni maschili e inaccettabile per le produzioni DOP e IGP (castrazione). “Eppure – ricorda l’on. Brambilla – gli esperti ci dicono che esistono alternative: l’aggressività si può ridurre significativamente con arricchimenti ambientali che consentano agli animali un’esistenza più conforme alle loro esigenze etologiche e l’immunocastrazione può sostituire quella chirurgica.
Le condizioni di vita negli allevamenti industriali sono terribili per tutti gli animali coinvolti, lo sono particolarmente per i maiali, una specie con notevoli doti cognitive, alta socialità, grande mobilità e, nonostante i pregiudizi, attenta alla pulizia del corpo. “Se ne hanno l’opportunità – afferma la paladina degli animali – i maiali manifestano un’intelligenza affine a quella dei cani e per certi versi simile a quella degli scimpanzé”.
Per ovvie ragioni, allevamenti intensivi e macelli sono luoghi dove possono più facilmente verificarsi abusi sugli animali. “A tal proposito – aggiunge la deputata – vorrei ricordare che all’inizio della legislatura ho depositato una pdl (AC28) che mira a prevenire e contrastare i reati di maltrattamento e di abbandono di animali in queste sedi. La proposta prevede l’installazione, previo accordo sindacale, di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, le cui immagini sono cifrate con modalità atte a garantire la sicurezza dei dati e la protezione da accessi illeciti. Avrebbe di sicuro un effetto deterrente e darebbe un contributo al superamento di certe situazioni, denunciate da investigazioni sotto copertura come quelle di Essere animali. Gli italiani – prosegue – amano gli animali e vogliono vedere rispettati i loro diritti. Pertanto, accanto alle modifiche di tipo normativo che propongo, credo sia fondamentale denunciare a quali incredibili abusi e torture sono sottoposti i maiali prima di essere uccisi per finire in tavola. Occorre una vera e propria “operazione verità”, anche attraverso la diffusione di immagini girate all’interno di certe strutture, in modo che le persone siano consapevoli delle sofferenze “nascoste” in un panino al salame. Sicuramente parliamo di una totale privazione di dignità, della negazione di elementari esigenze etologiche e di grandissimo dolore fisico e psicologico, per maltrattamenti inaccettabili già vietati dalle normative vigenti. Senza dimenticare, per la nostra salute, che il 26 ottobre del 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la carne lavorata (ad esempio insaccati e wurstel) tra i cancerogeni di gruppo 1, il più pericoloso, come l’amianto e il fumo, mentre la carne rossa è inserita nel gruppo 2a come probabile cancerogeno. Molti ricercatori lo dicevano da tempo, ora c’è una sanzione ufficiale”.
Essere Animali, l’associazione rappresentata da Simone Montuschi accoglie “con soddisfazione” l’iniziativa dell’on. Brambilla e definisce “urgenti e necessarie” le modifiche proposte. “I nostri investigatori – ricorda Montuschi – hanno più volte documentato con diverse indagini le conseguenze di certe pratiche. Oltre 500 mila scrofe in Italia vivono confinate per oltre un terzo della loro vita in gabbie poco più grandi del loro corpo, dove non riescono nemmeno a girarsi. Nove milioni di maiali sono sottoposti al taglio sistematico della coda, un’operazione peraltro già vietata dalla legislazione europea ma purtroppo diffusa in tutti gli allevamenti italiani. Inoltre i suinetti maschi vengono anche castrati per evitare che la carne abbia un sapore sgradevole. Entrambi gli interventi sono effettuati senza l’utilizzo di anestesia e analgesia su maiali di pochi giorni di vita. Queste procedure – prosegue – causano gravi sofferenze fisiche e psicologiche ad animali che la comunità scientifica riconosce sensibili e intelligenti. Vietare gabbie e mutilazioni rappresenta quindi un primo passo fondamentale per porre fine alle prassi più crudeli oggi utilizzate negli allevamenti. Le modifiche proposte dall’On. Brambilla corrispondono alle richieste che la nostra organizzazione sta avanzando ai supermercati della grande distribuzione organizzata, attraverso la campagna #SOSpig. Siamo inoltre assolutamente convinti – conclude Montuschi – della necessità di aumentare i controlli all’interno degli allevamenti, che ora coinvolgono un campione troppo limitato di strutture. Con le nostre indagini infatti abbiamo documentato molteplici situazioni, prontamente denunciate, in cui si configura chiaramente il reato di maltrattamento di animali.”
“FODERATI DI PROSCIUTTO”
Numeri, sofferenze, abusi negli allevamenti di maiale in Italia
11,3 milioni i maiali macellati in Italia (2017)
8.7 milioni i maiali mediamente presenti negli allevamenti (2017)
525 mila le scrofe mediamente presenti
99 per cento i maiali allevati con sistemi intensivi
1 per cento i maiali allevati con metodi biologici (circa 56 mila)
70 per cento sono “suini pesanti” (anche oltre i 160 kg) , destinati alla produzione di salumi e insaccati
30 per cento sono suini leggeri (macellati a 95-120 kg), destinati alla produzione di carne fresca: la tipologia più diffusa in Europa
29,3 kg il consumo pro capite di carne di maiale in Italia (2017)
l’80% delle aziende suinicole sono concentrate in una zona di pochi chilometri quadrati nel cuore della Pianura Padana, tra le province di Mantova, Brescia, Reggio Emilia e Modena
Circa 1/3 della vita di una scrofa d’allevamento passa in gabbie gestazionali o in gabbie parto che la fasciano lungo tutto il corpo, impedendo qualsiasi movimento tranne lo stare in piedi o coricata su un fianco
Il 98-100 per cento dei suinetti allevati in Italia subiscono il taglio della coda, con un bisturi o un utensile dotato di fiamma e lama che taglia e cauterizza la ferita, benché il Dlgs 122/2011 la vieti come operazione di routine per prevenire la caudofagia
93 per cento dei maiali allevati in Italia sono sottoposti a castrazione chirurgica, di questi il 97 per cento senza anestesia o analgesia (il 52 per cento in Europa). Lo scopo è evitare “l’odore di verro”, inaccettabile per le produzioni DOP, IGP e STG.
? Non si conosce la percentuale di suinetti sottoposti alla troncatura degli incisivi, pratica vietata come operazione di routine dal Dlgs 122/2011, per prevenire lesioni alle scrofe.
10-40 per cento (stima) gli allevamenti italiani che utilizzano arricchimenti ambientali, consigliati per prevenire comportamenti aggressivi dei suinetti.
3 per cento i maiali immunocastrati in Europa
Le tipologie di allevamento:
A ciclo aperto specializzato nella produzione di lattonzoli
In questo tipo di allevamento sono presenti le scrofe e nascono i maiali da vendere alle strutture collegate che si occupano dell’ingrasso. Sono suddivisi in aree specializzate: fecondazione, gestazione, sala parto e post-svezzamento.
A ciclo aperto specializzato nell’ingrasso
Qui sono allevati i maiali nella fase finale d’ingrasso. Questi allevamenti dipendono dall’acquisto di suinetti e sono la tipologia più diffusa, soprattutto nelle aree a maggiore concentrazione come Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte.
A ciclo chiuso
Questi allevamenti combinano i due precedenti cicli. Sono mediamente diffusi nelle aree a maggiore concentrazione, dove rappresentano circa il 30-35% del totale e più frequenti nelle regioni del Centro, come Marche e Lazio e al Sud, in Campania, Basilicata, Calabria e Sardegna.
Da: “Allevamenti di maiali in Italia”, dossier di Essere Animali elaborato su fonti ufficiali